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Dal 2025, i principali Stati europei, in particolare Italia, Spagna e Francia, si trovano ad affrontare un problema crescente riguardante i costi di finanziamento. Questi Paesi stanno pagando interessi sul proprio debito superiori a quelli che ci si aspetterebbe, sollevando interrogativi sulle cause di questa situazione.
Il 4 marzo 2025, il cancelliere tedesco in pectore, Friedrich Merz, ha dichiarato di essere pronto a difendere la Germania e l’Europa dalla minaccia russa, utilizzando le parole iconiche di Mario Draghi: “Whatever it takes”. Questa affermazione è giunta in un contesto di crescente preoccupazione dopo che l’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha annunciato un possibile disimpegno militare degli Stati Uniti in Europa. Per anni, i partiti tedeschi, inclusa la Cdu di Merz, si sono opposti a modificare l’articolo della Costituzione che impone un vincolo al debito, limitando il disavanzo federale allo 0,35% del Pil. Tuttavia, l’atteggiamento sembra ora mutato, con Merz disposto a rivedere queste norme per finanziare le spese militari e rinnovare le infrastrutture tedesche.
Merz ha proposto di investire un ulteriore 1% del Prodotto interno lordo della Germania per potenziare la macchina bellica, escludendo tali spese dai conteggi per l’accordo di stabilità europeo. Inoltre, ha presentato un fondo di investimento da 500 miliardi destinato a migliorare le infrastrutture nazionali. Queste misure hanno immediatamente avuto un impatto positivo sulle prospettive economiche tedesche, con le stime di crescita riviste al rialzo, mentre i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine hanno registrato un incremento significativo, evidenziando una reazione positiva del mercato alle nuove politiche.
Dopo l’annuncio di Merz, il rendimento del Bund decennale è aumentato di circa 0,4 punti percentuali, raggiungendo il 2,8%. Questo livello è simile a quello di settembre 2023, quando i tassi della Banca centrale europea erano ai massimi storici. Tuttavia, dal giugno 2024, la BCE ha ridotto il costo del denaro al 2,5%, ma sembra che questa misura non abbia avuto l’effetto desiderato sui mercati. Secondo le previsioni di Goldman Sachs, si stima che il rendimento del decennale tedesco possa salire fino al 3% entro la fine dell’anno e al 3,25% nel 2026.
Il rialzo dei rendimenti ha avuto ripercussioni anche su Italia, Francia e Spagna. Dall’inizio di marzo 2025, il rendimento del Btp decennale è passato dal 3,5% al 3,9%, mentre l’Oat francese è aumentato dal 3,2% al 3,4% e il Bonos spagnolo dal 3% al 3,4%. Questi incrementi non sono giustificati da un aumento degli investimenti o da prospettive di crescita economica in questi Paesi, poiché i fondi tedeschi non sono destinati a finanziare progetti al di fuori dei confini nazionali.
Anche gli altri Paesi europei sono chiamati ad aumentare le spese militari, con l’obiettivo di raggiungere il 3% del Pil, come richiesto dal segretario generale della Nato, Mark Rutte. La Germania e la Francia attualmente spendono circa il 2% per la difesa e dovrebbero rispettivamente investire 37 miliardi e 30 miliardi per raggiungere il target stabilito. Per quanto riguarda Italia e Spagna, con spese attuali dell’1,49% e 1,29%, si stima che dovrebbero emettere titoli per 32 miliardi e 26 miliardi nel 2025.
Le spese militari, a differenza degli investimenti in infrastrutture, potrebbero aumentare il rischio di instabilità finanziaria, poiché i moltiplicatori fiscali associati alla difesa sono generalmente più bassi. Inoltre, l’aumento dei rendimenti, in parte dovuto all’effetto trascinamento tedesco, potrebbe aggravare il costo del debito per Paesi come l’Italia, invertendo la tendenza alla riduzione del debito pubblico.
Per affrontare l’aumento del costo del debito, la capo economista di Société Générale, Michala Marcussen, ha suggerito di allentare il quantitative tightening della BCE o di riacquistare i titoli emessi nell’ambito del Pandemic emergency purchase programme (Pepp) per evitare che scadano senza essere sostituiti. Un’ulteriore opzione potrebbe essere l’attivazione del Transmission protection instrument, un meccanismo creato nel 2022 ma mai utilizzato, che permetterebbe alla BCE di intervenire sui mercati secondari in caso di deterioramento delle condizioni di finanziamento.
In questo contesto, la situazione rimane complessa per i Paesi europei, che devono affrontare sfide significative per garantire la stabilità economica e finanziaria.